Un triste, ma dolce ricordo

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  1. Shurei
     
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    Autore: Shurei
    Titolo: Un triste, ma dolce ricordo
    Personaggi: Edward Elric, Alphonse Elric, Hohemheim Elric, Trishia Elric.
    Genere: Romantico, Malinconico
    Rating: Verde
    Avvertimenti: One Shot; What's If, Missing Moment

    Note dell'autore:
    Ho scritto questa storia senza sapere com'è andato il manga e senza guardare la serie Brotherhood. È un mio pensiero riguardo la famiglia Elric. Scoprendo il nome di Hohemheim nel manga, l'ho utilizzato in questo contesto e poi mi sono affidata al mio istinto amante della prima serie dell'anime.
    Spero vi piaccia anche se è un po' triste.
    Un bacione,
    Shurei


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    È una giornata serena, il cielo è azzurro, terso, chiaro e limpido ed i raggi del sole primaverile filtrano attraverso i rami degli alberi.
    Un uomo cammina nel prato lentamente, perché sa perfettamente dove sta andando. Indossa un soprabito marrone, dal quale s'intravede un jillet beige, una camicia bianca e un cravattino verde; un paio di pantaloni del medesimo colore del soprabito e ai piedi calza un paio di scarpe nere. I capelli biondi si agitano nella brezza primaverile e nonostante li abbia legati in un codino di tanto in tanto alcune ciocche gli si posano ribelli sul viso, davanti ai suoi occhi dorati, ma lui si limita a scostarli.
    Finalmente arriva davanti ad una lapide di pietra grigia: la tomba della donna che ha amato di più al mondo.
    Il suo sguardo è sereno, ma un po' triste, nonostante sia passato così tanto tempo... quasi 17 anni.
    -Trisha...- mormora lui con voce sottile.

    Non è la prima volta che passa di lì da quando ha rincontrato suo figlio e, questa volta, posa un mazzo di fiori, che teneva nella mano sinistra, sulla tomba e poi scosta delicatamente alcune foglie dalla lapide.
    -Mi manchi, sai? A volte mi sento così solo che mi sembra di impazzire. Sai, una volta Pinako mi ha detto che ti ha vista, solo per un attimo: eri al mio fianco e appoggiavi la tua testolina sul mio braccio, ti sei voltata verso di me, mi hai sorriso e poi... sei sparita. Vorrei poterti vedere anche io.-

    Distoglie poi lo sguardo dalla pietra per mettersi a guardare il cielo e continuare il suo discorso con la sua dolce metà:
    -Ho incontrato i nostri figli, Trisha: Edward ed Alphonse. Avevi ragione, mi somigliano tantissimo! Hanno i miei stessi occhi; Alphonse ha preso tutto da te, mentre Edward tutto da me: ha il mio stesso atteggiamento diffidente, forse è per questo che siamo “cane e gatto”. Incrociando il suo sguardo mi è sembrato di fare un tuffo nel passato: mi sono rivisto padre accanto a loro... quando invece sono stato un pessimo genitore, questo mi dispiace.
    Ultimamente l'ho incontrato spesso e, se devo essere del tutto sincero, non gli vado molto a genio... e come biasimarlo: non sono mai stato presente nella sua vita... mi detesta per averti lasciato sola. Pinako mi ha raccontato di come sono cresciuti i nostri bambini e di quello che hanno tentato di fare per riportarti accanto a loro... È proprio vero che i figli commettono quasi sempre gli errori dei genitori...
    Non tollera la mia presenza, gli do fastidio è inutile, ma non posso fare a meno di tornare qui, amore mio...-
    -Sei ancora qui?- domanda una voce scocciata, alle sue spalle. -Sei sempre qui Van Hohenheim? Quand'è che te ne ritorni in viaggio? Qui nessuno ha bisogno di te!-
    -Edward!- esclama l'uomo, chiedendosi da quanto tempo suo figlio era lì ad ascoltare le sue parole.
    -Calmati fratellone, non trattare così papà...- squittisce il minore dei due fratelli.
    -Taci, Al!-
    -Ma fratellone...-
    -Era un po' che volevo venire in questo posto. È molto bello...- interviene Van, non curandosi delle cattiverie del figlio.
    -Non mi hai nemmeno ascoltato!!!- grugnisce Edward.

    Hohenheim inarca appena il sopracciglio sinistro e sorride nonostante le parole del suo primogenito, al tempo stesso l'osserva dare in escandescenza, mentre il minore tra i tre cerca di tranquillizzarlo, ma con scarsi risultati.
    -Ah! Io me ne vado... questo non lo sopporto!- enuncia Edward, allontanandosi, per mettersi all'ombra di un albero, visto che il sole si sta facendo parecchio caldo.
    -Le volevi molto bene, non è vero papà?- chiede Alphonse.
    -Papà? Tu mi chiami papà? Credevo di non averne il diritto. Non si poteva certo non voler bene a Trisha! Avei voluto vederla, almeno... almeno un'ultima volta...-
    -Io e il fratellone l'abbiamo vista una volta, dopo che ci ha lasciato. Eravamo in un campo di fiori e lei era lì e ne stava cogliendo alcuni... i suoi capelli al vento e il suo sorriso... per un attimo, abbiamo creduto che tutto quello che era successo fosse un sogno e che quella fosse la realtà, ma è sparita non appena abbiamo provato ad avvicinarci.-

    Van è molto sorpreso, sorpreso di sapere di Trisha, sorpreso di vedere che suo figlio Alphonse parli con lui tanto liberamente, come se lo conoscesse da una vita.
    -Capisco.- dice ancora Van.
    -Senti, papà...- iniziò Al un po' imbarazzato -E un po' che volevo chiedertelo... tu resterai con noi adesso?-
    -Scherzi, Al? Io con lui non ci resto!- ringhia Edward da sotto l'albero.
    -Ma... ma fratellone...-
    -Ora ne ho abbastanza! Me ne ritorno a Central City da quella carogna di un colonnello! Per lo meno non dovrò aver a che fare con quella persona!-

    Hohenheim non si stupisce del fatto che Edward l'abbia chiamato quella persona. Per lui è un estraneo, una persona che ha appena incontrato e che gli sta sui nervi.
    -Mi rendo conto, Edward, di non esser stato presente nella tua vita fino ad ora.-
    -Non era una novità.- lo ammonisce il figlio.
    -E capisco che non posso presentarmi qui adesso per recitare assieme a te e Al nel film “La mia nuova famiglia felice... episodio uno: il padre ritrovato”.-
    -Se lo sai, allora non dire altro!-

    Il maggiore dei due figli si allontana con passo spedito dalla parte opposta del cimitero, lasciandosi alle spalle il fratello minore, il cosiddetto padre e la lapide della madre.
    Certo sa che così facendo fa soffrire sua madre, ma è più forte di lui: quell'uomo non riesce a considerarlo come padre, dopo tutto quello che gli ha fatto passare.
    -Scusalo, papà.- mormora semplicemente Alphonse, dopo che il fratello se ne è andato.
    -Non devi scusarti, Al. Non è colpa tua. Quando sono tornato a casa nostra dopo tanti anni, l'ho trovata bruciata, lei e voi eravate come spariti e io non sapevo che altro fare. Ci ho messo un po' a capacitarmi del fatto che vostra madre poteva essere morta e che voi, probabilmente ve n'eravate andati lontano, ma non potevo immaginare tutto quello che avevate fatto e quanto avete sofferto. Comunque... che diritto ho di stravolgere la vostra vita? Che diritto ho di stravolgere la vostra vita?- domanda Van, guardando verso il basso.
    -Non è neanche colpa tua...-
    -Diciamo che lo è. Se fossi stato un bravo padre... avrei voluto fare un sacco di cose assieme a voi. Insegnarvi bene l'alchimia, mostravi un mestiere dignitoso, seguire la vostra crescita... quello che fanno tutti i genitori normali..-
    -Siamo ancora in tempo.-
    -No, Al. Niente, sarà più come prima...-
    -Capisco... senti papà come hai conosciuto la mamma?-

    Una domanda spontanea quella del suo secondogenito. L'avrebbe fatta qualunque figlio ai proprio genitori per pura curiosità.
    Anche se Al sa bene come si sono conosciuti Van e sua madre, lo vuole risentire per l'ennesima volta perché è da tanto che non sentiva più quella storia.
    -Beh, mi metti appena in imbarazzo... di solito queste cose le raccontano le mamme. Allora... conobbi tua madre quando giravo per questi boschi. Era una giornata di primavera come questa, io ero assorto nei miei pensieri quando notai una fanciulla bellissima, che passeggiava con un mazzo di fiori di campo tra le braccia al chiarore e all'ombra delle foglie degli alberi. I suoi capelli castani che ondeggiavano nel vento e i suoi occhi brillavano come pietre di giada ai raggi del sole. Ti confesso che quando la vidi, mi sembrò di vedere una fata dei boschi, perché indossava anche un candido abito bianco. Una folata di vento portò via alcuni fiori dal suo mazzo che si posarono sulla mia faccia... fu così che si accorse della mia presenza. I nostri sguardi s'incrociarono e vidi in lei un leggero rossore sulle gote... era ancora più bella.-

    Nella sua mente, Van torna indietro a quel giorno.
    Al giorno in cui parlò per la prima volta con la sua dolce Trisha.
    Al giorno in cui lui si vide riflesso negli occhi di quella leggiadra fanciulla.
    Al giorno in cui lui udì la voce melodiosa di un usignolo uscire dalle sue labbra.
    Al giorno in cui scoprì veramente che cos'era l'amore.

    -Voi chi siete? Non vi ho mai visto da queste parti.- gli chiese la fanciulla.
    -Mi... mi chiamo Van, Van Hohenheim. Sono un forestiero e mi sono perso.-
    -Beh... benvenuto a Resenbool. Io sono Trisha-




    -Da allora ci siamo sempre incontrati in quel luogo. Non c'era giorno in cui non c'incontrassimo e non parlassimo di noi, fino a quando non giungemmo al grande passo e alla vostra nascita.-

    -Dov'eri quando qui fioriva la mimosa?- gli chiese Trisha.
    -Ero in mezzo alla neve...-
    -Hai mai visto un prato fiorito in cui è caduta una spolverata di neve?-
    -Solo una volta.-
    -Mi piacerebbe vederlo, un giorno...-




    I soliti discorsi striminziti da uomo che non lascia trasparire alcun sentimento. Quel racconto non era come quelli della mamma, Al se ne è accorto. I suoi erano pieni di sentimento e non così riassuntivi.
    -Ho capito, grazie papà.- ringrazia Alphonse.
    -Oh, non era un granché...- si giustifica Van, sfiorandosi la guancia col dito indice.
    -Io vado a calmare quella testa calda del fratellone... ci vediamo, papà.-

    Mentre il figlio se ne va, Van riguarda la tomba della moglie e con suo grande stupore, vicino ad essa, vede una donna: è una figura quasi evanescente molto bella, porta i lunghi capelli lasciati al vento e una mano posata accanto agli occhi per non incontrare la luce del sole.
    -Trisha...- bisbiglia Van.
    -Sì, amore mio...- mormora la donna con un sorriso dolcissimo, prima di scomparire.

    Van è sorpreso e quasi si chiede se stia sognando. Anche se quella visione è stata così breve, è sicuro che fosse Trisha e giurerebbe di averla vista sorridere.
     
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